Scrive Umberto Galimberti nel suo saggio L’etica del viandante del 2023: Il viaggiatore ha in vista solo la meta e non conosce quindi l’intervallo tra l’inizio e la fine. Per chi vuole arrivare, le terre che attraversa non esistono. Conta solo la meta. Il viaggiatore viaggia per “arrivare”, non per “viaggiare”. Con il viaggio muore l’esperienza che la via dispiega al viandante, che sa abitare il paesaggio e, insieme, al paesaggio sa dire addio. Da viandanti quali siamo, noi autori di Roman Walks Interview, vi raccontiamo in questo numero della nostra rivista l’incontro che abbiamo avuto con Tullio e Antonio Pelosi: padre e figlio proprietari di una piccola catena di alberghi a Roma nei quali il viaggiatore troverà il rassicurante comfort e l’eleganza del quale è alla ricerca, ma dove il viandante scoprirà invece la familiare ospitalità delle persone, la devozione sociale, l’accuratezza e il sapore artistico degli ambienti nei quali soggiornare. A differenza del viaggiatore, prosegue Umberto Galimberti nel suo saggio, il quale, anche quando si sposta, non esce mai dal suo mondo abituale e quindi dalle sue abitudini, il viandante ci invita ad esporci all’insolito dove è possibile scoprire, ma solo per una notte o per un giorno, come il cielo si stende su quella terra, come la notte dispiega nel cielo costellazioni ignote, come la religione aduna le speranze, come la tradizione fa popolo, la solitudine fa deserto, l’iscrizione fa la storia, il fiume fa ansa, la terra fa solco, in quella rapida sequenza con cui si succedono le esperienze del mondo che sfuggono a qualsiasi tentativo che cerchi di fissarle e di disporle in successione ordinata, perché, al di là di ogni progetto orientato, il viandante sa che la totalità è sfuggente, che il non-senso contamina il senso, che il possibile eccede sul reale e che ogni progetto che tenta la comprensione e l’abbraccio totale è follia. Siamo più liberi degli uomini primitivi perché abbiamo più campi di gioco in cui inserirci. Ma nell’assuefazione con cui utilizziamo strumenti e servizi che accorciano lo spazio, velocizzano il tempo, leniscono il dolore, vanificano le norme su cui sono state scalpellate tutte le morali, rischiamo di non chiederci se il nostro modo di essere uomini, non è troppo antico per abitare l’età della tecnica. In conclusione, gentili lettori, vi invitiamo a considerare (se già non fa parte del vostro stile di vita), le riflessioni di Umberto Galimberti per i prossimi viaggi che affronterete. Anche un po’ per migliorare il nostro “modo di essere uomini”, per fare migliore conoscenza con le persone che incontreremo. Come Tullio e Antonio Pelosi. Diventare viandanti e affrancarsi dalla meta significa abbandonarsi alla corrente della vita, conclude Umberto Galimberti: non più spettatori, ma naviganti e, in qualche caso, naufraghi.